Son content come on ratt

L’Arcivescovo di Milano Monsignor Mario Delpini ha scritto una lettera ai medici per il 18 ottobre, giorno dedicato a San Luca Evangelista, patrono dei medici stessi. In questa lettera e nella video-intervista che l’accompagna (entrambe pubblicate sul nostro sito e su www.chiesadimilano.it), l’Arcivescovo manifesta la sua vicinanza e la sua stima alla comunità dei medici e fa mostra di comprenderne l’affaticamento professionale dovuto a molteplici fattori. Al di là delle scontate differenze di credo e di opinioni personali all’interno della comunità medica e odontoiatrica ambrosiana, credo sia opportuno non lasciare cadere nel vuoto questo scritto e le parole pronunciate nell’intervista. Infatti, è sicuramente la prima volta che, in tempi recenti, viene manifestata prossimità ai problemi che affliggono la nostra professione e da una voce così autorevole. A questo proposito, Monsignor Delpini ricorda innanzi tutto ai pazienti che i medici, nonostante il loro impegno, non dispongono di bacchette magiche che possano togliere malattie e morte.
D’altra parte, se da un lato è più che giusto che i medici pongano in primo piano la relazione di cura con il paziente, dall’altro, essi non dovranno mai dar corso a richieste incongrue o inappropriate. È proprio il piano della relazione medico-paziente che, ci sembra capire dalle parole dell’Arcivescovo, il medico deve innanzi tutto cercare di coltivare. Pertanto, ricercare una più efficiente organizzazione del sistema sanitario è di certo importante. Inoltre, ricercare il profitto non è sbagliato. Tuttavia, questi due elementi non devono mai prendere il sopravvento sul rapporto di cura. In altri termini, il medico deve sempre decidere come operare per il bene del suo paziente, coinvolgendo, se del caso, anche l’entourage familiare al fine di non considerare mai i malati come casi ma come persone. Sono parole pesanti come pietre, che andrebbero recapitate a quei politici, agli economisti e ai tecnici che hanno sempre fatto della sanità un laboratorio personale dove sperimentare le loro idee (più o meno bislacche) o un terreno dal quale ricavare profitti senza mai minimamente tenere nel giusto conto la sensibilità dei pazienti e dei medici. Vi è poi un ulteriore insegnamento che mi sembra valga la pena di ricordare. Viene infatti sottolineato che la cura del paziente è anzitutto basata su una relazione personale e quindi “è necessario coltivare la capacità di relazione e le condizioni psicologiche e spirituali che la favoriscono”.
Perciò, viene suggerito di introdurre nel corso di studi “percorsi accademici per affrontare temi etici e per sviluppare capacità relazionali” nonché “momenti di formazione proprio per questi aspetti più “umanistici” della professione”. “Son content come on ratt, mì doo foeura de matt per la felicità”! Prendo a prestito le parole di una vecchia canzone del cantautore milanese Giovanni D’Anzi per affermare che, in tanti anni, è forse la prima volta che sento così ben focalizzare (ed in maniera così competente) una serie di concetti sul mondo sanitario che non solo condivido, ma che hanno ispirato gran parte del mio agire.

Naturalmente, la lettera contiene anche diversi passaggi dedicati ai medici cattolici e a tutti quei medici che si richiamano ai principi cristiani. Tuttavia, la parte che più mi interessa è quella che ho cercato di riassumere. Anche perché, nel recente scorcio d’estate, ho letto e sentito gli ennesimi pessimi improperi sui medici, soprattutto da parte di alcuni uomini politici. Per citare le due prese di posizione più recenti, l’Assessore alla Sanità di una regione confinante con la nostra, alcune settimane fa, ha apostrofato i medici come “impiegati superpagati”. E che dire, poi, della “splendida” uscita di un noto ex sottosegretario che, nel corso di un meeting di fine agosto, in quel di Rimini, ha detto che dal medico di famiglia non ci va più nessuno perché non serve a niente? Sono state solo parole in libertà di due persone benestanti e privilegiate ma del tutto ignoranti rispetto a quanto accade in corsia e negli ambulatori? Oppure sono parte di un disegno che mira a depotenziare sempre di più il Servizio Sanitario Nazionale di stampo universalistico, così come noi lo conosciamo? 
Non so rispondere con certezza. Quello che so è che, invece, i concetti espressi dall’Arcivescovo di Milano sembrano un forte incoraggiamento ad andare avanti, pur tra mille difficoltà, determinate anche e soprattutto dal definanziamento del Sistema Sanitario Nazionale e dall’asfissiante burocratizzazione che opprime l’atto medico. Oltre tutto, il fatto che monsignor Delpini abbia scelto la ricorrenza di San Luca per indirizzare la sua lettera ai medici meneghini, mi rafforza ancora di più nell’idea che il 18 ottobre debba diventare un momento, per la comunità medica e odontoiatrica milanese, in cui ritrovarsi. Noi quest’anno ci abbiamo provato consegnando presso la chiesa di Santa maria degli Angeli i riconoscimenti del “Premio Anzalone” e del Premio “La Fucina del Futuro” ad alcuni colleghi iscritti al nostro ordine. Ora, con questa e con molte altre iniziative, cercheremo di procedere per la strada intrapresa con ancora più forza e determinazione.