
“La gestione del paziente aggressivo – tecniche di de-escalation”. Ho appena finito di compilare una “scheda di valutazione” di un tutoraggio e questo è uno degli argomenti che abbiamo trattato insieme a un giovane collega. Mi fermo a riflettere e la prima cosa che penso è “chissà cosa avrebbe detto il mio papà” che faceva il mio stesso lavoro, sapendo che oggi un medico inserisce un argomento come questo nel suo curriculum formativo. Alle nostre latitudini, il fenomeno della violenza contro gli operatori sanitari era quasi sconosciuto fino a pochissimi anni fa. Oggi, purtroppo, questo flagello è arrivato anche da noi insieme a ulteriori fenomeni di insoddisfazione del cittadino nei confronti dei medici (sia ospedalieri sia convenzionati). Infatti, al protocollo dell’Ordine, ricevo circa due-tre esposti al giorno contro Sanitari.
Questa marea montante di (presunta) insoddisfazione da parte del cittadino trae origine soprattutto da prestazioni che il paziente si vede negare, di solito per problematiche di natura burocratica e talvolta per problemi di natura clinica. È uno tsunami: le lamentele si sono almeno triplicate rispetto all’epoca prepandemica e tutti dovremmo chiederci come mai, visto che medici e pazienti, nel giro di due o tre anni, sono sempre gli stessi, anche se molti professionisti sono andati in pensione di vecchiaia o hanno anticipato il loro ritiro a causa del burn-out. Premesso che, appunto, non credo alla favoletta che i medici siano diventati meno empatici ma neppure penso che i pazienti siano diventati particolarmente sgarbati rispetto a pochi anni fa, penso che tutti dovremmo darci da fare per indicare (o re-indicare) alla parte pubblica alcune mosse da porre in atto per abbassare i contenziosi. Ogni suggerimento meriterebbe un ampio approfondimento, ma in questa sede proverò a essere schematico.
Innanzi tutto, e sopra ogni cosa, se gli amministratori nazionali e locali non mettono fine al tourbillon burocratico che ogni giorno fiacca l’attività clinica del medico, non ne usciremo mai! Naturalmente, a parole, tutti si dichiarano pronti e disponibili a deburocratizzare, ma poi assistiamo, quotidianamente e sistematicamente, all’emanazione di nuove e sempre più complesse regole prescrittive che sono destinate non già a indicare la giusta strada dell’appropriatezza ma, semplicemente, a negare prestazioni per risparmiare.
La seconda misura, imprescindibile, è rendere le reti informatiche, per davvero, funzionanti e performanti, facendo viaggiare dati e non persone. Non c’è verso di migliorare le cose: noi lo diciamo da anni, ma ancora oggi si nega che l’apparato informatico sia gravemente carente e faccia acqua da tutte le parti.
La terza cosa che va fatta è diffondere la cultura del buon utilizzo di medici, esami, medicine e strutture sanitarie. Tutti devono imparare, fin da bambini, che, quando c’è un bisogno di salute occorre, inevitabilmente, confrontarsi con gli altri cittadini/pazienti che pure hanno bisogno di assistenza, e nessuno è più importante di un altro.
Tutti devono imparare a capire che, se il tuo medico ti dice che una determinata prestazione sanitaria non è adatta al tuo caso o non può essere prescritta per varie ragioni, non ti sta facendo un torto, ma, al contrario, sta facendo il tuo interesse.
Infine, gli operatori sanitari, i medici, devono essere messi in condizione di lavorare bene: quindi devono essere in numero adeguato sia nei reparti sia negli ambulatori; e devono essere adeguatamente motivati, anche economicamente. Sono riflessioni semplici, fatte da queste righe e in tante interviste già molte volte.
Non importa: le riproponiamo ancora ai futuri amministratori regionali. Come diceva Nelson Mandela “it always seems impossible until it’s done”… e lui, di certo, se ne intendeva.