Occhi ben aperti

Ieri notte ho avuto un incubo. Nel sogno, ero l’amministratore di una piantagione di cotone e venivo malamente licenziato da un nerboruto maggiordomo e dai suoi sgherri. “Perché? …”, continuavo a chiedere. “Ho sempre lavorato bene!”. “Appunto”, rispondeva il maggiordomo, “questo alla proprietaria non piace”, indicando, con la sua mano avvolta da un morbido guanto bianco, una signora, capelli corti biondo-cenere, elegante, che, ben lontana dai campi dove gli operai faticavano e sudavano sotto al sole cocente, stava sorbendo un tè nel patio ombreggiato di una bella casa coloniale, circondata di servitori e in compagnia di alcuni signori ben vestiti, ma dall’aspetto poco raccomandabile. “E poi”, soggiungeva il maggiordomo, “lei è anche onesto! Si vergogni!”; e a queste parole due energumeni mi buttavano fuori dalla tenuta. Dovrò consultare qualche esperto per capire il significato di quanto ho sognato…, ma forse tutto è dovuto al fatto che faccio le ore piccole a scrivere comunicati, lettere e proteste varie contro quella che è (per me) un’evidente manovra di dismissione (svendita?) della sanità pubblica in generale e del territorio in particolare. Durante la giornata di ieri, parlando con un autorevole Collega, enumeravo una serie di fatti che, a mia interpretazione, vanno tutti nello stesso senso; e forse questa è anche la ragione dell’incubo che ha scosso la mia nottata. Vi voglio fare partecipi delle mie riflessioni. Innanzi tutto, numerosi politici sono intervenuti sui media, negli ultimi anni, al fine di denigrare i medici convenzionati. Chi dice che “sono pagati come un cardiochirurgo” per far nulla, chi dice “ma chi ci va ancora dal medico di famiglia?”, chi dice “lavorano solo tre ore al giorno”. Inoltre, alcune pseudo-inchieste, sui maggiori quotidiani e sui maggiori settimanali del Paese, hanno falsamente affermato che il medico di assistenza primaria prende un sacco di soldi e lavora pochissimo. Tra l’altro, questi sottoprodotti simil-giornalistici non riescono mai a spiegare come mai posti tanto remunerativi ed appetibili vengano oramai lasciati scoperti a centinaia (in Lombardia si va verso le 900 zone carenti cronicamente vacanti) perché non c’è più nessun medico disposto a sacrificare la propria professionalità e la propria vita (è proprio il caso di dirlo!) per un lavoro mal pagato, oberato di obblighi burocratici e scarsamente considerato da un punto di vista sociale. Nella nostra regione, poi, il de-finanziamento di tutto il territorio è lampante: servizi di epidemiologia e sanità pubblica lasciati con pochi medici a coprire territori immensi, totale chiusura della medicina scolastica, una rete informatica che fa acqua da tutte le parti, lenta, obsoleta e incapace di interconnettere tutti gli attori della sanità. E ancora: specialisti ambulatoriali in numero sempre più ridotto e, ciliegina sulla torta, gli accordi regionali per la Medicina Generale meno remunerativi d’Italia. In merito alla formazione dei futuri medici di famiglia, le cose non vanno meglio: in Lombardia vengono messe a concorso, da sempre, un numero di borse di studio largamente insufficiente per coprire i fabbisogni del territorio e il valore delle borse (ma questo è un problema nazionale) è la metà di quello degli altri specializzandi; e non che la pandemia abbia cambiato le cose! Infatti, il numero di borse per gli specializzandi è, quest’anno, enormemente aumentato (e meno male!), ma quello per la Medicina Generale, pur se maggiore di un tempo, è ancora del tutto carente. Ebbene, in questo panorama devastato e desertificato, che l’avvento del COVID19 ha reso ancora più aspro, alcuni gruppi privati hanno cominciato ad offrire visite di medicina generale a tariffe abbordabili e si programma di dare le nuove case della salute (o case di comunità) anche al privato. D’altra parte, pur avendo un servizio sanitario regionale che può contare ottime eccellenze in campo ospedaliero, anche nelle ASST pubbliche il tema del de-finanziamento è sotto gli occhi di tutti e, oltre agli stipendi inadeguati, per dieci medici che vanno in pensione, se ne assumono tre o quattro al massimo. Beh, sia chiaro, io non ho nulla contro il privato accreditato o il privato puro in sanità, ma all’interno di regole chiare e soprattutto all’interno di un servizio sanitario universalistico. Pavento invece, in questo panorama che ho descritto per sommi capi, una pericolosa deriva; e, d’altra parte, fa anche riflettere il fatto che, negli ultimi tempi, gli “aumenti”, i lavoratori dell’industria e di altri comparti, li hanno sempre di meno in termini economici e sempre di più in termini di benefit sanitari e così le mutue private stanno acquistando sempre più vigore; e questo non mi piace. Si apre, infatti, uno scenario in cui la regione (e l’erario) de-finanziano e le famiglie devono compensare o con i loro danari o attraverso assicurazioni private, se lavorano; ma nessuno di noi è stato abituato, fino ad oggi, a programmare una parte consistente del budget familiare per le spese concernenti la salute.
Vabbè, l’incubo è finito, …magari mi sbagliavo. Domani è un altro giorno… Ma io cercherò di tenere gli occhi sempre bene aperti!