LIBERTÀ, MA QUALE LIBERTÀ?

In questi giorni due notizie di genere molto diverso tra loro, riguardanti in qualche modo l’odontoiatria, hanno attirato l’attenzione di diversi colleghi.

La prima è di cronaca. Dal Messaggero dello scorso 25 giugno a firma Nicoletta Gigli (pag. 57):

Boss della ‘ndrangheta con il camice bianco che riciclavano ogni anno centinaia di migliaia di euro a Terni. Dietro il sorriso e l’efficienza di uno studio dentistico rilevato in franchising lavorava a Terni uno degli esponenti di spicco del clan ndranghetista dei Molè che aveva l’incarico di fare il ragioniere della cosca trovando i mezzi per ripulire i soldi che la cosca faceva con la droga, traffico d’armi e slot machine. Un’operazione chiusa in poche ore, anche se prima di mettere i sigilli alla clinica odontoiatrica del centro in mano all’Ndrangheta i carabinieri hanno atteso che i numerosi clienti completassero le cure … . Il sequestro dell’azienda Vitaldent non è però passato inosservato sia per la sua posizione … che per l’elevato numero di pazienti che l’hanno scelta per curarsi i denti … attratti dai prezzi concorrenziali e dai finanziamenti dati a tempo di record senza badare troppo alla capacità di spesa del cliente di turno. …

 

La seconda notizia riguarda un concorso premi, di quelli a cui si partecipa inviando lo scontrino del prodotto acquistato, indetto per promuovere un noto detersivo per piatti. In questa occasione sono state messe in palio prestazioni odontoiatriche per 50.000,00 euro sotto forma di buoni da 500,00 e 100,00 euro spendibili presso il succitato franchising o azienda che dir si voglia (il caso ha voluto fosse lo stesso, ma poteva essere anche un altro dei diversi presenti sul territorio).

 

A queste due notizie ne aggiungerei un altro paio che con l’odontoiatria non c’entrano niente – quella di un decreto della Regione Lazio che abolisce l’obiezione di coscienza nella prescrizione degli aborti e quella dei giudici che si sostituiscono ai medici nel caso Stamina-, ma che fanno capire bene come il problema che vorrei porre, quello del ruolo del medico nel delicato settore della sanità, stia diventando un qualcosa che trascende l’ambito specifico ed investe l’intera società.

 

Un discorso che in larga parte ruota intorno ad un unico concetto ultra inflazionato, quello di libertà, che tutto giustifica, dall’affermazione dei propri interessi alla ricerca di consensi passando per la creazione di un’immagine di rispettosa signorilità, naturalmente apparente. Un concetto magico il cui significato è strettamente legato al ruolo del medico e che di volta in volta può essere letto con la lettera maiuscola, con la minuscola, messo tra virgolette, in corsivo, in senso giuridico o etico e così via.

 

Tre sacrosanti esempi del suo utilizzo, che hanno molto a che fare con le suddette notizie, soprattutto se messi nella giusta combinazione, sono “libero mercato”, “libertà in scienza e coscienza”, “libera scelta individuale”.

 

La giusta (ironicamente parlando) combinazione in ognuna di quelle notizie prevede il quasi totale annullamento della “libertà in scienza e coscienza” a favore delle altre due: in termini calcistici parleremmo di “biscotto”.

Nei primi due casi, addirittura, la prevalenza quasi assoluta è del libero mercato: apprendiamo (mafia a parte, per altro effetto inevitabile quando i soldi vengono prima di tutto) che chi va a farsi curare è attirato da prezzi stracciati e credito ultrafacile, il tutto condito da sorrisi ed efficienza.

 

E il rapporto di fiducia medico – paziente, sbandierato presupposto di ogni cura? Sparito, ma non tanto perché manca la fiducia (quella è una conseguenza), ma perché sono proprio spariti il medico e il paziente. Quest’ultimo si è trasformato a pieno titolo in consumatore (la libertà di scelta la esercita nell’acquisto del detersivo, il resto lo lascia che alla buona sorte e al giudizio odontoiatrico del Sig. Detersivo) e l’altro assimilabile ad un “amanuense” destinato ad essere sostituito prima o poi da qualche avanzata applicazione dello smartphone.

 

Nell’insieme di queste vicende, se non fosse per i carabinieri che hanno aspettato la fine del lavoro dei medici, quest’ultimi non apparirebbero neanche come ombre sullo sfondo: quello che invece appare in grande evidenza è il ruolo dei responsabili marketing o, andando oltre, dei responsabili legali, i nuovi vati nell’interpretazione delle esigenze di consumatori e contribuenti. Perché oltre a quello non si va, con buona pace della governance clinica che, orfana del paziente, sembra ridotta alla misura dell’aderenza alle linee guida e alla critica tra colleghi.

 

Situazione folle in cui i medici si sono fatti ridurre al silenzio dai nuovi sacri concetti di “concorrenza è bello” o “chi tiene i cordoni della borsa decide” e individualmente conquistano la scena solo quando c’è da rifondere qualche danno, vero o presunto che sia (l’ultima sentenza di cassazione dice che un paziente può intentare causa anche con il solo dubbio di un danno).

 

Il silenzio dei medici sembra essere in gran parte dovuto al sentirsi soli di fronte ad un sistema che è abilissimo a rigirarti contro le sue stesse irregolarità (che per altro lo perpetuano) giocando sulla paura di dire la cosa sbagliata, di perdere un introito, di perdere il posto di lavoro, di essere messo sotto procedimento, ecc.: il problema è non far diventare il silenzio “strutturale” per non crearci prigioni reali, perché la libertà (soprattutto di coscienza) si esprime quando si ha la possibilità di comunicare tra noi e con i pazienti.

 

E’ allora importante, cominciando da noi, avere il coraggio di fare circolare opinioni, tante opinioni, per trovare quella che come una ventata di aria pura cambi l’aria viziata.

 

L’invito quindi è quello di partecipare attivamente a questo rinnovamento sfruttando anche quanto la tecnologia può offrire, anche con quelle che possono sembrare piccole cose, come la creazione del nuovo sito dell’ordine che nella sua versione definitiva sarà interattivo.

Non va dimenticato che tutto ciò succede alla vigilia di un evento a forte impatto mediatico che Milano ospiterà il prossimo anno, l’EXPO, e che noi vorremmo ci veda protagonisti, non solo per le urgenze di qualcuno tra i milioni di visitatori previsti, ma anche programmando, come è già stato fatto, eventi con una significativa ricaduta sulla salute orale e sulla professione.