OMCeOMI: Liste d’attesa in Lombardia, i Carabinieri non sono la soluzione

COMUNICATO STAMPA

Il protocollo tra Regione e NAS criminalizza chi lavora e nasconde le responsabilità della politica
Liste d’attesa in Lombardia, i Carabinieri non sono la soluzione
L’Ordine dei Medici: “con i NAS la Regione abdica al suo ruolo”

Il ricorso alle forze dell’ordine per controllare le agende ospedaliere appare come un segno evidente di debolezza politica e di fallimento amministrativo. Il presidente Rossi: “Prima si rifinanzi il sistema sanitario, si aumenti l’organico dei reparti, si proteggano i medici dalle ingiuste accuse di malpractice e poi si facciano i controlli. Ma senza scaricare la colpa su chi cura. Chiamare i Carabinieri non è un atto di rigore ma di rinuncia alla responsabilità politica, e non fa altro che fomentare l’odio dei cittadini verso chi, al contrario, si prende cura di loro tutti i giorni”

Milano, mercoledì 7 maggio 2025 – “L’accordo firmato tra Regione Lombardia e i NAS per controllare le liste d’attesa in Lombardia a mio avviso non è una soluzione, poiché rischia di fomentare ulteriormente l’ingiusto atteggiamento negativo della popolazione verso i medici. Più che altro appare come il sintomo evidente di un’amministrazione che sembra non riuscire più a esercitare le proprie funzioni fondamentali”. Sono le parole di Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, giunte dopo qualche giorno di riflessione. E per smaltire la rabbia.

“Tutti guardiamo ai NAS come a Forze dell’Ordine serie e preparate, ma, a nostro avviso, delegare sistematicamente a loro i controlli sulle liste di attesa ed anche sull’entità delle prescrizioni e su molti altri aspetti della sanità lombarda – spiega Rossi – significa militarizzare la sanità lombarda ed ammettere che il sistema non regge: né sul piano delle risorse, né su quello della capacità di governo. La Regione, che dovrebbe definire le regole e i controlli (Si chiamava PAC – programmazione, acquisto, controllo), in sostanza, oggi dichiara implicitamente di non essere in grado di farlo”.

Il presidente lancia un allarme preciso: “Il rischio concreto, però – continua il presidente dell’Ordine dei Medici – è quello di spostare la ‘colpa’ e le attenzioni negative dei cittadini sui medici, ovvero su chi ogni giorno tiene in piedi ospedali e ambulatori in condizioni critiche. Si introducono concetti come ‘favoritismi’ e ‘ispezioni mirate’, si ‘punta il dito’. Sì, ma verso chi? Verso i primari? i medici? i reparti? Ma se ci sono singole situazioni da correggere, noi siamo in prima linea per farlo. Diverso, invece, gettare un’ombra sinistra su tutta la categoria: così saremmo di fronte ad un altro caso di caccia alle streghe, senza mai interrogarsi sul perché il sistema non funzioni”.

Peraltro, è un déjà-vu pericoloso, già intravisto all’inizio degli anni Duemila con la vicenda delle presunte ‘iperprescrizioni’: si finisce per colpevolizzare chi lavora, anziché affrontare il problema alla radice. Il nodo resta sempre lo stesso: carenze strutturali, turn over bloccato, medici stremati e servizi definanziati. “Prima – precisa Rossi – si rifinanzi il Servizio Sanitario Nazionale. Prima si rafforzino gli organici dei reparti, si ritorni a finanziare la sanità pubblica, si facciano normative che li proteggano da cause legali infondate e si paghino adeguatamente i medici. Poi, certo, si facciano anche i controlli. Ma con strumenti tecnici, interni, trasparenti. Chiamare i carabinieri – conclude il presidente – a NOI non sembra un atto di rigore ma un atto di rinuncia; ed è anche un messaggio pericoloso che rischia di delegittimare chi cura e di fomentare ulteriormente gli atti di violenza contro la categoria”.