Per cercare di affrontare il problema della carenza di medici di famiglia e in vista dell’elevato numero di pensionamenti previsti in tutta la Lombardia dal 2020 al 2022, ATS Milano, come altre ATS lombarde, ha deciso di consentire ai medici che ancora stanno frequentando il triennio di formazione in Medicina Generale di aprire uno studio e iniziare a esercitare, seppur su un numero di pazienti ridotto. Sostanzialmente critico il commento di Roberto Carlo Rossi, medico di medicina generale, presidente di OMCeOMI: «Mi sembra una sconfitta. E non per i giovani colleghi, ma perché se siamo costretti a questa soluzione di emergenza, vuol dire che negli anni passati la gravità della situazione è stata sottovalutata. E che è mancata l’organizzazione per affrontare al meglio la “gobba” pensionistica, ossia l’uscita dal mondo del lavoro di molti colleghi per via dei pensionamenti, prevista per i prossimi tre anni. Le cose sono due: o ammettiamo che si tratta di una soluzione emergenziale, oppure diciamo che negli anni passati ci siamo sbagliati. E che per fare il medico di medicina generale il diploma del triennio non è necessario. Quale delle due?».
Solo nel 2019, nel territorio dell’ATS milanese (che comprende anche l’hinterland e Lodi) a fronte di 280 zone individuate come “carenti”, poiché prive del medico, solo un centinaio sono state coperte: “La difficoltà a trovare medici di famiglia, che c’è in Lombardia ma non in altre regioni, è dovuta anche ad altro, innanzitutto ai costi di gestione dello studio che rendono poco appetibile la professione per un giovane collega. È a questo che si dovrebbe trovare una soluzione».