“FARE DI PIÙ NON SIGNIFICA FARE MEGLIO”: LA BLACK LIST DEGLI ESAMI INAPPROPRIATI PUBBLICATA DA SETTE SOCIETÀ SCIENTIFICHE

Abbattere le prestazioni inappropriate. Tagliare gli sprechi che fanno male alla salute e al portafoglio. Migliorare insomma la qualità e la sicurezza dei servizi sanitari in Italia attraverso la riduzione di esami diagnostici e trattamenti che spesso non sono efficaci e rischiano di essere addirittura dannosi. È questo l’obiettivo del progetto “Fare di più non significa fare meglio“, iniziativa analoga a quella di ChoosingWisely avviata negli Stati Uniti e promossa in Italia da Slow Medicine, rete di professionisti e di cittadini che si riconosce in una «medicina sobria, rispettosa e giusta», insieme con FnomCeO, Ipasvi, Siquas-Vrq, l’Istituto Change di Torino, PartecipaSalute, Inversa Onlus, Altroconsumo e Slow Food Italia.
Sette le società scientifica che hanno pubblicato le prime liste di cinque esami diagnostici e trattamenti a rischio di inappropriatezza nel nostro Paese. Ecco i link agli elenchi:
Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica – Adi
Associazione italiana di radioterapia oncologica – Airo
CochraneNeurological Field – Cnf
Collegio italiano dei primari medici oncologi ospedalieri – Cipomo
Società italiana di radiologia medica – Sirm
Società italiana di medicina generale – Simg
Società scientifiche di Ipasvi: Aico, Aioss, Aiuc, Animo
Sta per essere pubblicata anche la lista dei cardiologi ospedlaieri dell’Anmco.
A che servono questi elenchi, che includono ad esempio la risonanza magnetica della colonna vertebrale nel mal di schiena o la somministrazioni di ansiolitici negli anziani? A far discutere tra loro i medici, gli altri professionisti e i pazienti, perché le scelte siano informate, condivise e sostenibili.
«Nella gara per garantire giuste cure al tempo giusto, ognuno deve fare la sua parte – osserva Salvatore Palazzo, vicepresidente degli oncologi Cipomo – discutendo tutti insieme, medici, pazienti e gli altri attori della sanità. Le cinque decisioni sagge che abbiamo individuate puntano a impedire che i pazienti vengano sottoposti a esami o a terapie discutibili sotto il profilo dell’appropriatezza, cioè non basate su prove di efficacia, di sicurezza, di utilità».
Dal Sole24ORESanità del 21 marzo 2014