Pubblicato il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità “Impatto della vaccinazione e della pregressa diagnosi sul rischio di infezione e di malattia severa associata a SARS-CoV-2: un’analisi dei casi diagnosticati nel mese di ottobre 2022”, in cui si calcola il rischio di infezione e di malattia severa tenendo conto delle vaccinazioni anti Covid-19 effettuate, delle diagnosi precedenti e del tempo trascorso dall’infezione o dall’ultima dose di vaccino.
Viene confermato ancora una volta che il rischio complessivo di infezione e di malattia severa è influenzato sia dallo stato vaccinale che da infezioni pregresse, essendo il rischio assoluto maggiore nelle persone non vaccinate e che non hanno mai avuto una pregressa diagnosi.
Il minor rischio di infezione per SARS-CoV-2 e di incorrere nella malattia severa COVID-19 si osserva nelle persone con immunità ibrida (ovvero con una combinazione tra infezione pregressa e vaccinazione), in particolare se sono passati meno di sei mesi dall’ultimo evento (vaccinazione e/o infezione pregressa).
Si osserva una perdita dell’effetto protettivo contro l’infezione per SARS-CoV-2 con il passare del tempo, sia per l’infezione pregressa che per la vaccinazione. Si osserva anche una diminuzione dell’effetto protettivo dell’infezione pregressa e della vaccinazione contro la malattia severa, sebbene tale perdita sia meno evidente che contro l’infezione.
I dati presentati dallo studio supportano quindi la validità delle più recenti indicazioni del Ministero della Salute relative alla vaccinazione anti-COVID-19, che raccomandano, in particolare, la seconda dose di richiamo con vaccino a mRNA nelle persone dai 60 anni di età e in tutti soggetti fragili, maggiormente a rischio di un esito severo della malattia in caso di infezione da SARS-CoV-2, e una ulteriore dose di richiamo ai soggetti a partire dagli 80 anni di età e agli over 60 fragili, purché sia trascorso un intervallo minimo di almeno 120 giorni dall’ultima dose di richiamo o dall’ultima infezione successiva al richiamo.