QUELLE che seguono sono alcune riflessioni sulla marea montante di burocrazia che sta letteralmente sommergendo il lavoro di tutti i medici e di tutti gli odontoiatri, sia che operino nel pubblico sia nel privato.
Tuttavia, prima di leggere queste mie righe, date un’occhiata all’editoriale di Roberto Anzalone del 2005 (vedi a pagina 4). Sembra scritto oggi! Che prosa lucida, affilata, asciutta. In quegli anni ebbi l’onore di accompagnarlo dall’allora leader della Commissione unica del farmaco (CUF). Il viaggio nella capitale era diretto a lamentarsi dello spazio sempre più ridotto che i medici avevano e hanno a disposizione sui ricettari “rossi” del SSN, di carta filigranata della Zecca di stato. Ricettari che, probabilmente, tra qualche tempo abbandoneremo del tutto in favore delle sole ricette “smaterializzate”. Ebbene, l’alto funzionario ministeriale ci fece sedere e, saputo l’oggetto della nostra visita, iniziò lui a lamentarsi a lungo del fatto che i medici, poverini, non riuscivano più a fare il proprio lavoro, oberati com’erano dalla burocrazia! Perfino il grande Anzalone, al termine dello sproloquio del nostro ospite, esclamò: “Dottore, ha detto tutto lei, non so più che cosa dire!”. Questa è da sempre la burocrazia romana. Irride chi la sfida, si fa uno sberleffo di chi la fronteggia, si può permettere di dare ragione a chi la combatte, salvo poi perpetuare e moltiplicare se stessa all’infinito.
LE STRADE di molte città sono finalmente percorse da colleghi che hanno trovato il coraggio di lamentarsi della marea montante di scartoffie (un tempo cartacee, ora elettroniche) che li sta colpendo, così come l’Ordine meneghino fa da tempo, in solitario. Tutti infatti dovrebbero ribellarsi. I più colpiti, nell’attualità, sono i medici convenzionati. Tuttavia, anche gli ospedalieri e perfino i liberi professionisti sono oberati da adempimenti che, a essere buoni, sono definibili di dubbia utilità. Il periodo pandemico, con il profluvio di denunce di malattie, green pass, esenzioni, vaccinazioni, tamponi e moduli vari e assortiti da compilare, ha di certo enormemente acuito il problema, che è però un male antico che colpisce l’Italia così come molti altri paesi europei. Come ho già detto, in tutti questi anni l’Ordine di Milano è sempre stato in prima fila contro la burocrazia e vorrei ricordare che lo stesso Roberto Anzalone nel 1976 fu gambizzato proprio per aver proposto l’autocertificazione dei primi tre giorni di malattia. Certo l’abolizione delle note CUF (oggi AIFA) è sempre stata un grande tema a noi caro. Basti ricordare che noi fummo gli unici a sfilare contro le denunce di “iperprescrizione” (relative alle note 1, 48, 55, 66 eccetera) in una fredda mattina di gennaio 2007 davanti alla sede regionale della Corte dei conti lombarda. Anche in quel caso rivendicavamo il diritto per il medico di poter prescrivere, in scienza e coscienza, i farmaci più corretti per il proprio paziente.
INSOMMA, in tutti questi anni non ci siamo mai risparmiati contro il moloch burocratico, anche se mi piace ricordare, tra le decine di cose portate a termine, il fatto che l’OMCeO meneghino è stato l’unico a trascinare il Ministero della Salute al TAR del Lazio sul decreto Lorenzin del 2016 che, come si ricorderà, istituì le note sulla prescrizione degli accertamenti strumentali e di laboratorio.
Anche in quel caso ci seguirono solo altri due Ordini italiani. Di recente, abbiamo preso posizione contro i “piani terapeutici” in genere (vedi pagina 16), e in particolare contro quei “Piani” che il MMG deve fare per limitare la prescrizione che lui stesso andrà a fare (cfr la nota 97, ad esempio)! Una palese contraddizione in termini, una evidente, cosmica inutilità burocratica, l’ennesima. Perché lo facciamo? Perché siamo convinti che un Ordine dei medici debba tutelare l’atto medico e quindi il lavoro del medico anche e soprattutto in questo modo. Così ci hanno insegnato coloro che ci hanno preceduto e questo è il legato che vorremmo lasciare a chi verrà dopo.