Il giro di boa

ECCOCI all’ennesimo “giro di boa”: con la DGR XI/4811 del 31 maggio 2021, la Giunta regionale lombarda invia al Consiglio regionale le linee di sviluppo della Legge regionale 23/2015, che riformava la riforma determinata dalla Legge 31 del 1997 che, peraltro, era già stata riformata una prima volta dalla Legge regionale 33 del 2009… Eh, lo so, c’è da farsi venire il mal di testa… Non mi addentrerò nei contenuti della Delibera di Giunta, ma una cosa risalta anche a una prima lettura: le Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST) guideranno contemporaneamente l’ospedale e il territorio (compresi i dipartimenti di prevenzione). Ci risiamo! Chi arriva al timone e sostituisce sulla tolda un precedente comandante viene preso da un’incoercibile pantoclastia. Sono anni che cerchiamo di svincolare il territorio dall’ospedale e non ci riusciamo e la nuova Giunta che cosa propone? Di rimettere insieme l’ospedale, il territorio e la prevenzione, facendoci ripiombare nel secolo scorso.
VEDIAMO di rimettere un po’ in ordine le idee. La Lombardia ha un ottimo sistema sanitario, che dà il meglio di sé nelle prestazioni di secondo e di terzo livello. Si è scelto, molti anni fa, di mettere in competizione il pubblico con il privato e questo ha prodotto vere eccellenze. Tuttavia, ha prodotto anche delle pericolose derive di carattere economicistico che dovrebbero essere tenute maggiormente d’occhio, anche per evitare che il privato non prenda il sopravvento ma continui a prosperare in maniera controllata, nell’ambito di un sistema sanitario di stampo universalistico. Il vero problema lombardo, però, messo impietosamente a nudo dalla pandemia, è rappresentato dal territorio, lasciato per troppo tempo a se stesso, del tutto ignorato e in qualche caso addirittura sprezzato dalla politica (vi ricordate l’infelice frase di Giancarlo Giorgetti dell’agosto 2019 sui “medici di base”?). Tutti si dimenticano che è proprio sul territorio che ci si ammala, si viene seguiti nel film della propria vita e sul territorio si devono assistere i pazienti cronici. Infine, la prevenzione, il terzo polo di spesa sanitaria di cui mai nessuno parla, è un campo in cui si investe poco e in maniera intermittente, anche in Lombardia. Cosa è successo in questi anni? I medici convenzionati, che sono capillarmente posti a presidio del territorio, sono stati lasciati andare in pensione, in Lombardia, senza rimpiazzarli. Il problema riguarda soprattutto i medici di famiglia. Ma non abbondano neppure i pediatri di libera scelta. Dei medici specialisti convenzionati, poi, nessuno parla mai: sembrano trasparenti! Ma anche loro si stanno assottigliando sempre di più.
Le remunerazioni dei medici di famiglia sono sempre le stesse da decenni e in Lombardia il loro stipendio è il più basso d’Italia (nella Regione nella quale il costo della vita è il più alto). Ciononostante, si è scatenata una campagna mediatica per “dimostrare” falsamente che costoro lavorano pochissimo e guadagnano tantissimo. Il risultato è che il carico medio di scelte di cittadini pro medico è il più alto d’Italia (con l’esclusione della solita provincia di Bolzano, che però ha una situazione del tutto peculiare). Parallelamente i servizi di epidemiologia e sanità pubblica sono stati lasciati assottigliare al punto da avere pochissimi medici e pochi operatori sanitari non medici per sorvegliare e gestire territori estremamente ampi. Da ultimo, la rete informatica, che era il fiore all’occhiello della nostra Regione 20 anni fa, è lenta e obsoleta. Non è stata mai introdotta l’educazione sanitaria nelle scuole. La medicina del lavoro non è interconnessa con il resto della rete e non certo per colpa dei medici del lavoro. In estrema sintesi, il territorio è sguarnito, mal finanziato, mal interconnesso.
IN QUESTO SCENARIO, qual è la soluzione proposta dalla Giunta? Le ASST devono occuparsi di ospedali e territorio assieme e devono gestire anche la prevenzione. Una scelta ben bislacca! Inoltre, si ripropongono modelli vecchi di 30 anni fa, come le case della salute; non si fa niente per migliorare l’esistente che pure come si è detto ha delle punte di eccellenza, e non si intravede nulla di innovativo. Così il sospetto che viene è sempre quello: si ha l’impressione che si voglia livellare l’assistenza territoriale sempre più verso il basso, per far entrare in campo i privati, poiché il territorio è una torta talmente golosa da far scatenare appetiti famelici. Nel precedente editoriale (vedi InformaMi 2020; 4) paventavo una disfatta nella campagna vaccinale, se non si fossero messi in campo dei potenti correttivi di carattere organizzativo. Bisogna riconoscere che, dopo un inizio disastroso, l’organizzazione c’è stata e ora tutto viaggia liscio e veloce. Speriamo quindi che, anche sulla revisione della “23”, si corregga il tiro e che, questa volta, al giro di boa si cambi scafo e si opti per i catamarani “volanti” della classe AC75: libellule che pesano diverse tonnellate ma vanno a 90 km orari. Attenzione però: la guida deve essere molto esperta perché si rischia di scuffiare. E noi lombardi un altro naufragio non ce lo possiamo proprio permettere!