Giancarlo Buccheri, Nicola Cocucci, Gianfranco D’ambrosio, Carmela Laino, Roberto Mario Lovotti, Alberto Pollini, Guido Retta, Mario Ronchi, Gerardo Fabio Rubino, Alberto Santoro, Giovanni Stagnati, Carlo Vergani, Marzio Carlo Zennaro.
Questi nomi sono un pesante “J’accuse” che noi rivolgiamo a tutti, indistintamente: nazione, regione ed enti locali: sono i Medici e gli Odontoiatri milanesi deceduti per coronavirus. Oltre a questi Colleghi ce ne sono tanti altri che si sono ammalati.
Roberto Stella, presidente dell’Ordine dei Medici di Varese, è morto l’11 marzo 2020 a causa del coronavirus. Il 21 febbraio ero seduto al suo fianco, durante la riunione del Comitato Centrale a Roma. Abbiamo chiacchierato, parlato e riso assieme per diverse ore.
Ripenso a quel giorno: probabilmente si è contagiato subito dopo, probabilmente mi è andata bene, io non ve lo so dire. Il mattino in cui mi hanno comunicato la sua morte me lo ricordo ancora.
Domenica 23 febbraio ho mandato la prima lettera alla Regione Lombardia per raccomandare alcuni semplici interventi da fare: la completa dematerializzazione della ricetta, l’autocertificazione dei primi giorni di malattia, la distribuzione a tutti i Medici dei DPI e la chiusura degli studi all’accesso libero: su alcune cose mi hanno ascoltato, su altre no o lo hanno fatto troppo tardi.
Vale la pena ricordare che in Italia i Sanitari contagiati sono oltre il 12% del totale e in Lombardia questa percentuale è ancora più alta. Anche se non ho dati precisi sul resto del mondo, quello di cui sono sicuro è che per i Medici e gli Odontoiatri italiani questa pandemia è stata qualcosa di assolutamente peculiare, poiché ci sono Paesi in cui i Sanitari quasi non sono rimasti infettati. Per quanto è successo la responsabilità, a mio modo di vedere, è da dividere equamente tra il livello nazionale, regionale e, in alcuni casi, anche quello locale. Senza distinzioni tra destra e sinistra.
Perché non ha funzionato nulla: il 31 gennaio 2020 è stato decretato uno stato di emergenza sanitaria e da quel momento c’è stato tutto il tempo per organizzarsi, ma sostanzialmente niente è stato fatto. Si è detto che nessuno era preparato a quello che sarebbe successo. C’è del vero in questo, ma i segnali c’erano eccome e c’era il tempo per agire, per iniziare a prepararsi.
Cari colleghi, mi dovete spiegare perché quando un Medico fa un errore, anche su un caso difficile o estremamente urgente, nessuno è pronto a giustificarlo, anzi tutto il mondo è pronto a condannarlo. E quindi non capisco come mai i politici e gli amministratori vengano perdonati così facilmente.
Mi hanno anche detto che sono stato ingeneroso verso i funzionari, perché in realtà loro hanno lavorato tantissimo: ma anche il medico che sbaglia, a meno che non sia un criminale, lo fa in buona fede e lavora tantissimo. Solo che il suo errore non viene perdonato; e, in ogni caso, lavorare tanto non significa necessariamente lavorare bene.
Spero che la politica in futuro ci ascolti di più, ma continuo a vedere “comitati di saggi” costituiti in prevalenza da persone che il territorio non l’hanno mai visto o che non sono mai entrati in una corsia ospedaliera. E leggo notizie fantasiose, come la proposta di rendere dipendenti i medici di medicina generale, per “farli lavorare di più”…, come se fino ad adesso non avessero fatto niente e non fossero stati tra i primi ad essere contagiati e ad ammalarsi!
La verità è che il territorio è stato lasciato a sé stesso, con pochi medici e gli ospedali non erano preparati a gestire un evento del genere. Non è difficile da capire.
Non servono soluzioni fantasmagoriche, ma il buon senso. E per sapere come agire con buon senso basta chiedere a chi lavora in ospedale e sul territorio e, come dico sempre io, mette la mano sulla pancia delle persone.
L’autunno sta arrivando: non so se ci sarà una seconda ondata, ma ci saranno sicuramente i sintomi dei tipici malanni invernali che dovremo affrontare e riconoscere. È meglio pensare adesso a come muoversi e non arrivare impreparati con il rischio di dover di nuovo chiudere città intere.
A cominciare dai dispositivi di protezione. Perché in questo senso ho visto, letto e sentito cose miserabili: funzionari pubblici che si lamentano di dover fornire anche i medici convenzionati di dispositivi di protezione, funzionari che fanno conti per capire quanto impatta sul bilancio l’acquisto e lo stoccaggio delle mascherine. A loro vorrei chiedere: e una vita umana quanto costa? E un medico che infetta molti altri pazienti, quanto costa?
E visto che il nostro Ordine ha continuato a lavorare ogni giorno e a trovare e a proporre mille soluzioni per gestire al meglio questa emergenza, voglio qui ricordare anche un nostro recente piccolo grande traguardo: la proposta di legge per risarcire gli operatori sanitari vittime (deceduti o danneggiati) della COVID-19. Questa proposta è stata recepita da diversi senatori ed è diventata ufficialmente un disegno di legge (il n° 1861). So che è strano che un Ordine dei medici faccia una proposta di legge, ma visto che non ci ha pensato nessuno a risarcire i Colleghi e i professionisti sanitari vittime della pandemia, lo abbiamo fatto noi! Speriamo che il suo cammino non si interrompa per qualche ostracismo politico o qualche cavillo burocratico.
Infine, per guardare al futuro, questa emergenza ci ha fatto utilizzare meglio e con nuovo fervore la modalità di comunicazione e apprendimento da remoto. I corsi di aggiornamento dell’Ordine, grazie allo sforzo del personale e dei Consiglieri che se ne occupano, non si sono fermati. Abbiamo attivato dei webinar che stanno dando ottimi risultati e che abbiamo intenzione di implementare.
In sintesi, ci aspetta un autunno ricco di incertezze. L’Ordine si mette a disposizione dei politici e degli amministratori per trovare soluzioni. Ma, una volta tanto, che costoro si fermino ad ascoltate ciò che abbiamo da dire!