Avevo già scritto l’editoriale sulla risposta che il Comune di Milano ha dato in merito ai pass che l’Ordine distribuiva ai medici in visita urgente. In pratica, con decisione unilaterale e comunicata solo dopo nostra richiesta di chiarimenti, ci è stato detto che questi pass non verranno più riconosciuti dal Comune. Dopo quanto è successo in merito all’epidemia da coronavirus, ho riscritto tutto. Come potete constatare, in questo incipit, ho intenzionalmente violato le regole di un buon articolo giornalistico. I “comunicatori”, infatti, suggeriscono di chiarire subito il tema e le coordinate spazio-temporale di ciò che poi si andrà a trattare. Ma l’ho fatto apposta, poiché penso che l’atteggiamento del Comune di Milano, espresso in tempi non sospetti e su un argomento che nulla ha a che fare con ciò che stiamo vivendo in questi giorni, la dica lunga su come le istituzioni considerino i medici e gli odontoiatri che operano negli ospedali e sul territorio! Veniamo a quanto è successo in questi ultimi giorni: venerdì 21 febbraio, di buon mattino, sono partito da Milano per Roma. Non c’era alcun allarme. Tutto sembrava relativamente tranquillo. I pochi casi riscontrati in Italia sembravano più che contenuti e molto ben sorvegliati. Alla sera, quando sono tornato, ho trovato una Milano cambiata ed anche lo scenario epidemiologico era completamente mutato. Da un Paese con pochissimi casi, siamo diventati il primo Paese occidentale per numero di casi confermati. All’inizio la risposta delle istituzioni è sembrata abbastanza adeguata, se pur con qualche incertezza. Dopo una settimana, però, la situazione è la seguente: i DPI sono stati distribuiti a pochi colleghi di continuità assistenziale e sono insufficienti pure negli ospedali. I MMG della zona rossa (cioè dei paesi del lodigiano) ne hanno avuti in piccola quantità. Nulla è arrivato ai MMG del resto della ATS Milano (e in diverse parti della Lombardia)! Non solo: i ricoverati aumentano e si intravede un problema anche e soprattutto nelle terapie intensive, i cui posti letto possono diventare rapidamente insufficienti nel giro di pochi giorni o di poche ore. Domenica 23 ho contattato un funzionario regionale: alle mie rimostranze, mi spiegava che avevano pensato a contenere l’emergenza nel lodigiano e poi, da lunedì, avrebbero anche pensato ai medici del territorio!… A questo punto, direi che è già il caso di fare un primo parziale bilancio di ciò che è accaduto, soprattutto nella prospettiva di interventi futuri. Abbiamo visto e avuto conferma che le istituzioni politiche e amministrative sono abituate a non tenere in gran conto i medici e gli operatori sanitari. Nell’ordinaria amministrazione, un medico che va a casa di un paziente ammalato è considerato come un artigiano che deve riparare qualcosa che si è rotto in casa. Mica ha bisogno del contrassegno! Nell’emergenza, le decisioni non sembra vengano prese alla luce di ragionamenti di ordine scientifico, ma politico e i medici e gli odontoiatri, semplicemente, non vengono considerati come coloro che sono in prima linea. Ci si ricorda, stancamente, che bisogna proteggerli solo quando questi si lamentano di essere lasciati da soli. La mancanza di coordinamento tra e nelle istituzioni è evidente e i messaggi che vengono inviati sono contraddittori e spesso contrastanti. Non solo, la mancanza di preparazione lascia sconcertati, poiché il mondo occidentale e il nostro Paese non sono nuovi ad emergenze simili. Certo, SARS1 e MERS, per fortuna, non sono “esplose” in occidente, ma il pericolo era evidente. Ebbene, l’incertezza può essere scusabile nelle prime ore della diffusione del contagio, ma non dopo una settimana! In sintesi: nell’immediato vanno subito protetti adeguatamente gli operatori sanitari e va subito messo in atto un piano per fronteggiare il probabile aumento dei ricoveri e da subito bisogna pensare a potenziare i posti letto delle terapie intensive, visto che, nel frattempo, le malattie ordinarie non vanno in vacanza. Le comunicazioni devono essere chiare e univoche e vanno sempre supportate dal fondato e concorde parere degli esperti. I brutti momenti che i medici stanno vivendo passeranno, ci si augura. La SARS-CoV2 diventerà un ricordo. Per il futuro, tuttavia, un Paese come il nostro e una Regione come quella in cui viviamo, non potranno non dotarsi di un piano di emergenza che permetta, in tempi molto rapidi, di porre in essere tutte le misure necessarie al diffondersi di un’altra epidemia. Da ultimo, fatemelo dire per l’ennesima volta: basta precari nei reparti ospedalieri e tra i ricercatori! Dotiamoci di un numero adeguato di medici di ruolo in forza agli ospedali pubblici e privati e di ricercatori che ci possano supportare nell’ordinaria e nella straordinaria amministrazione.
“Écoutant, en effet, les cris d’allégresse qui montaient de la ville, Rieux se souvenait que cette allégresse était toujours menacée. Car il savait ce que cette foule en joie ignorait, et qu’on peut lire dans les livres, que le bacille de la peste ne meurt ni ne disparaît jamais, qu’il peut rester pendant des dizaines d’années endormi dans les meubles et le linge, qu’il attend patiemment dans les chambres, les caves, les malles, les mouchoirs et les paperasses, et que, peut-être, le jour viendrait où, pour le malheur et l’enseignement des hommes, la peste réveillerait ses rats et les enverrait mourir dans une cité heureuse.”
“Ascoltando, infatti, le grida d’allegria che salivano dalla città, Rieux ricordava che quell’allegria era sempre minacciata: lui sapeva quello che ignorava la folla, e che si può leggere nei libri, ossia che il bacillo della peste non muore né scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce e che forse verrebbe giorno in cui, per sventura e insegnamento agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morire in una città felice.”
La Peste – Albert Camus