La gente ha dei sospetti. Così all’incirca inizia il celebre romanzo di Camus La Peste.
Premetto Camus inizia il romanzo dicendo che la gente a Orano ha dei sospetti già prima che la peste inizi. Un atteggiamento di sospetto verso gli altri, verso tutto. Una tipica attitudine umana che viviamo tutti i giorni anche nella pratica medica nel delicato rapporto medico paziente.
Mi sembra di attualizzare il tutto in una città come Milano, ove quel sospetto è diventata paura e ancor peggio angoscia irrazionale. Il Coronavirus è alle porte dei supermercati, dei bar e delle nostre case, degli ospedali. Questa è il panico che sopraggiunge quando non sai dove il nemico arrivi.
L’angoscia contagia tutti, è il primo contagio: i turni in guardia medica a Milano sono un’invasione di chiamate di gente allarmata da quel sospetto che da attitudine e diffidenza nella normalità della vita è diventato terrore.
Esistono così solo i medici e i sanitari che possano risolvere il dilemma tra sospetto e dato certo. Tutto è su di loro che diventano salvatori o se sbagliano degli incompetenti su cui riversare la colpa.
Noi medici di guardia medica ignorati, quasi inesistenti ma comodi quando non c’è più nessuno, quando non ti considera più nessuno, quando il mio medico non c’è “proprio quando lo stavo cercando” citando una canzone di Vasco Rossi, noi medici di guardia medica siamo proprio ora l’avanguardia esposta a diretto contatto con questa per ora “piccola peste” virale e psicologica. Abbandonati, spesso senza attrezzature idonee di protezione, in sedi anche sudicie.
Eppure continuiamo a lavorare nel silenzio, nell’omertà delle Istituzioni, ignorati. E ora anche noi abbiamo paura.
L’abitudine alla disperazione è peggiore della disperazione stessa. Questo è l’aforisma nel famoso libro di Camus.
Gabriele Losa
Medico di Continuità Assistenziale
Ats Milano