PROTESI MAMMARIE E LINFOMA ANAPLASTICO

 In una recente newsletter è stata riportata la circolare del Ministero della Salute dell’11 Marzo 2015 avente per oggetto la sensibilizzazione degli Operatori Sanitari verso una corretta diagnosi di Linforma Anaplastico a Grandi Cellule (ALCL) in pazienti portatrici di protesi mammarie e l’obbligo di segnalazione dei nuovi casi rilevati.
In questo breve articolo il dottor Gianluca Campiglio, specialista in Chirurgia Plastica a Milano e segretario dell’ISAPS (International Society of Aestehtic Plastic Surgery), la più grande associazione mondiale di chirurghi plastici estetici approfondisce l’argomento, sottolineando l’importanza di un messaggio di tranquillità da dare a tutte le pazienti portatrici di protesi ma raccomandando allo stesso tempo anche un responsabile e meticoloso follow-up da parte dei chirurghi plastici nell’individuazione e nella trasmissione dei dati eventuali alle autorità competenti.

Il Linfoma Anaplastico a Grandi Cellule (ALCL) è una rara forma di Linfoma non-Hodgkin (NHL) che si sviluppa a carico dei linfociti T del sistema immunitario.
Nel 2011 la Food and Drug Administration (FDA) ha rilevato un numero anomalo di casi di ALCL in pazienti portatrici di protesi mammarie per fini ricostruttivi o estetici.
Il confronto dei dati disponibili nelle statistiche di tutta la letteratura mondiale ha permesso di evidenziare che sinora 173 donne portatrici di protesi mammarie hanno sviluppato la malattia con un totale di nove decessi dovuti alla forma maligna di ALCL.
La patologia in questione non ha nulla a che vedere con il parenchima mammario ed è nella maggior parte dei casi limitata al sistema linfatico. In letteratura è stata definita una malattia linfoproliferativa più che un linfoma, in quanto, tranne in casi più che sporadici non crea diffusione metastatica.
Attualmente, a fronte di milioni di protesi mammarie impiantate, il numero di casi di ALCL in portatrici di protesi mammarie resta estremamente basso e non offre dati statisticamente significativi che possano mettere in correlazione la presenza dell’impianto con questa nuova patologia. Le protesi mammarie continuano, pertanto, ad esser considerate sicure e sotto questo aspetto non si ravvisano rischi per la salute. Il Ministero della Salute italiano raccomanda alle pazienti portatrici di protesi mammarie asintomatiche di effettuare i controlli di routine. Non esiste infatti alcuna indicazione all’asportazione delle protesi senza motivo, come confermato anche dalla FDA americana. Nel caso una paziente operata da almeno sei mesi presenti “un sieroma freddo” (quindi non da infiammazione o recente trauma) e cioè un accumulo di liquido mono o bilaterale, confermato da esame ecografico o RMN, la cui eziologia sia dubbia, è necessario eseguire aspirazione della maggior parte del liquido periprotesico con esame dello stesso e ricerca delle cellule ALCL. In caso di negatività (assenza delle cellule) si consiglia una RMN per accertare l’assenza di neoformazioni pericapsulari o linfonodali. Qualora entrambi gli accertamenti siano negativi, la paziente sarà controllata periodicamente per l’eventuale ricorrenza di episodi analoghi.
In caso di positività (presenza di cellule) si pone indicazione all’asportazione di ambedue gli impianti e della totalità delle capsule periprotesiche che dovranno essere inviate ad istituzioni altamente specialistiche per esame istologico accurato, mediante campionamento esteso in tutta la superficie capsulare, alla ricerca di aree di lesione non facilmente riscontrabili attraverso un esame istologico di routine.
La sostituzione delle protesi nella stessa sede è possibile, dopo accurata valutazione di ogni singolo caso, evitando però l’uso di impianti con testurizzazione mediante procedimenti “a sale”, i quali sono stati riscontrati fra i più frequenti reperti nell’anamnesi di tali pazienti. Nel raro caso di localizzazioni linfonodali o a distanza la paziente dovrà essere esaminata da un esperto in emato-oncologia per eventuali terapie addizionali. L’ALCL associata agli impianti mammari presenta analogie con la forma cutanea e quindi decorso pigro ed asintomatico. Nella maggior parte dei casi l’asportazione delle protesi e delle capsule costituisce il trattamento definitivo e, tranne in casi di ripetizioni a distanza, nessun tipo di terapia addizionale è necessario.
Le considerazioni sull’esiguità numerica  dei casi gravi riportati e la relativa semplicità del trattamento radicale nella grande maggioranza dei pazienti continuano a confermare la sicurezza dell’intervento di mastoplastica additiva e ricostruttiva come anche ribadito esplicitamente nella circolare del Ministero della Salute
 
Dott. Gianluca Campiglio